Nel 2017 Koei Tecmo tentò di conquistare gli amanti del genere JRPG con una nuova saga, sviluppata da Gust Corporation, il tentativo purtroppo fallì a causa di alcune problematiche e limitazioni che affliggevano il titolo. Il team quest’oggi ci riprova con il sequel, a dimostrazione di come sia possibile imparare dai propri errori e migliorare un gioco laddove in passato era carente. Con tale premessa a seguire vogliamo condividere con voi la Recensione di Blue Refelection: Second Light.
Blue Reflection Second Light Recensione
In Second Light vestite i panni di una certa Hoshizawa Ao, una studentessa liceale che trascorre le sue giornate nella noia e monotonia, fino a quando non viene catapultata in una nuova dimensione, all’interno di un misterioso e grande istituto scolastico apparentemente disabitato, circondato da un profondo oceano. Fin da subito Ao farà la conoscenza di alcune ragazze giunte come lei nel luogo ma prive di memoria, per tornare a casa dovranno collaborare ed unire le forse per svelare il mistero che si cela dietro gli strani avvenimenti. Caratterizzato da una ambientazione inedita e tutta da esplorare, il sequel porta con sè alcuni difetti del precedente capitolo, nonostante i tentativi di migliorare la serie siano evidenti. La trama principale, la cui durata si attesta sulle 20 ore circa, fatica a decollare, allungando il brodo con la presenza di numerose missioni secondarie il più delle volte ripetitive, al fine di tenere incollato quanto più a lungo possibile il giocatore.
Second Light pone però maggiore attenzione sulla caratterizzazione dei personaggi, attraverso un party diversificato e composto da fanciulle con abilità uniche, 12 differenti personaggi che è possibile sbloccare nel corso dell’avventura, alcuni inediti altri provenienti dal passato o titolo mobile. Come accade in ogni JRPG inutile dirvi che i dialoghi sono presenti e persistenti, attraverso cutscene su cutscene e continui scambi di battute, che naturalmente potrete saltare il più delle volte. Il sistema di combattimento cerca di venire incontro alle esigenze dei giocatori moderni, proponendo sempre il tradizionale sistema a turni ma mescolandolo in parte al tempo reale, offrendo al giocatore la possibilità di accumulare dei punti da spendere per utilizzare le abilità e colpire i bersagli ripetutamente, evitando dunque di essere costretti ad attendere il proprio turno. E mentre i membri del party si rimboccano le maniche per sconfiggere i nemici, un quarto esterno agisce passivamente, curando eventualmente i compagni feriti.

Uno degli aspetti più critici del prequel era la difficoltà mal bilanciata, per questo motivo il team ha lavorato sodo per migliorarla, rendendo l’esperienza in Second Light più gradevole e immediata, con la possibilità di modificarla in qualsiasi momento all’occorrenza. Altra nota dolente era l’impossibilità di agire in prima persona per migliorare e modificare le statistiche o abilità, cosa che in un RPG o JRPG è doveroso. Interessante il tentativo nel scimmiottare una meccanica simile a quella vista in Scarlet Nexus, vale a dire la possibilità di approcciarsi con ogni ragazza del party mediante una sorta di appuntamenti, dove non solo conoscere i loro retroscena ma anche accrescere l’amicizia e affinità, allo scopo di avere ulteriori agevolazioni in battaglia, sbloccando abilità attive e passive e slot dove incastonare frammenti per migliorare alcune caratteristiche. A stonare con l’esperienza vi è la quasi forzata presenza di missioni stealth in cui bisogna tornare nelle aree già viste per uno scopo ben preciso, evitando di essere scoperti dai nemici, i quali il più delle volte fanno parte di un bestiario piuttosto scarso, il che c’è da chiedersi di cosa il party abbia paura.
Una meccanica stealth in un contesto del genere è piuttosto discutibile, il che dimostra di come il team abbia voluto osare più del dovuto, come un cuoco nel cui calderone aggiunge tutto ciò che ha e può per offrire quanta più diversificazione possibile elle proprie ricette, con un risultato disastroso, una meccanica che porta a porsi la domanda “era davvero necessario?”. In diversificazione di scenari Second Light si mostra piuttosto povera, con ambientazioni il più delle volte spoglie e ripetitive,modelli poligonali spigolosi ed animazioni robotiche. Fortunatamente non si presentano cali di framerate nè tempi di caricamento eccessivamente lunghi, pur essendo un titolo di vecchia generazione che funziona ottimamente in retrocompatibilità sulle console nextgen, il che la dice lunga del grado di ottimizzazione a cui il team ha lavorato per non rovinare l’esperienza proposta.

Blue Reflection: Second Light è ancora ben lontano dall’essere all’altezza di molti altri giochi del medesimo genere, ma è indubbiamente un notevole salto in avanti rispetto un prequel piuttosto limitato quanto forzato sotto molti aspetti. Un bene ma non benissimo che non vi porterà a completare tutto ciò che c’è da fare, una corsa alla staffetta per arrivare più in fretta possibile ai titoli di coda, al fine di scoprire come gli autori abbiano deciso di concludere la trama.