Gli eSport possono sostituire le gare reali?

Chi studia scienza della comunicazione sa bene che un’affermazione come quella del pilota di F1, Robert Kubika, sul fenomeno crescente degli eSport costituisce di fatto una vera manna piovuta dal cielo, specialmente in un momento critico, come quello che stiamo attraversando.

L’affermazione del noto pilota polacco, è che gli esport non sostituiranno le gare reali. Chi è un appassionato di media, sa bene che sono proprio queste dichiarazioni, fatte da addetti a lavori non del tutto disinteressati, a rendere un argomento come questo ancora più rilevante e autorevole. Senza entrare nel merito, visto che i tempi non sono ancora maturi, bisogna quindi riflettere sul significato odierno e sulla valenza delle gare virtuali.

Il successo e l’affermazione degli esport oggi

Bisogna partire però da una premessa fondamentale: chi ha puntato e investito oggi nello sport elettronico, non l’ha fatto con l’intenzione di sostituire o sovvertire le regole degli sport tradizionali, semmai di creare un canale alternativo e mediano, capace di far convergere su un determinato argomento, gli appassionati di due mondi apparentemente distanti. Gli esport possono anche essere etichettati e considerati come dei semplici videogiochi di realtà virtuale e aumentata, ma se andiamo a vedere nel dettaglio, senza pregiudizi di sorta, in cosa consistono le gare e i tornei di esport, potremmo anche rimanere piacevolmente stupiti.

Meraviglia piuttosto ascoltare certe affermazioni provenire da un individuo classe 1984, visto che di fatto appartiene a una generazione mediana, a metà tra gli integralisti dello sport tradizionale e la generazione dei Millenials, che probabilmente non brillerà mai come quelle passate negli sport classici, ma che di fatto sta già iniziando a contribuire al cambiamento necessario sociale, economico e politico, a cui il mondo gioco-forza sta andando incontro.

Gli sport elettronici si stanno affermando in Asia, America ed Europa

Il settore degli esport è cresciuto in modo esponenziale sia in Nord America, sia in Asia, Corea del Sud e Giappone in particolare, ma oggi anche in Europa spuntano gare, tornei e nuovi adepti che si dicono aperti a provare e a testare questo nuovo modo di concepire un autentico crossover, tra lo sport e il gioco. Oltretutto si tratta di un atteggiamento molto snob e di pregiudizio, visto che per eccellere in questo settore, il livello di capacità cognitive, tattiche e di gameplay, deve essere adeguato, visto che serve molto tempo per dedicarsi a tale attività. Le skill sono le stesse che fanno la differenza nel gioco puro e nello sport, senza per forza scomodare i soliti autori di SCIFI che hanno descritto un mondo avveniristico, dominato da macchine e computer, basta osservare con occhio critico e analitico la società odierna, per vedere quali sono i limiti e dove ci si potrà spingere durante i prossimi decenni.

La realtà degli esport tuttavia rappresenta già da questo momento in poi qualcosa con cui gli sportivi tradizionali devono iniziare a fare i conti, anche perché la possibilità che possano diventare competizioni dei prossimi giochi Olimpici, sono più fondate. Il dualismo manicheo raramente è alleato della ragione e della realtà dei fatti, ed è strano che a dire questo debba essere proprio un appassionato di giochi e non uno sportivo e un professionista della formula uno, sport dove oltretutto la costante è data proprio dal progresso e dall’innovazione tecnologica a livello di progettazione e di ingegneria meccanica applicata.