Recensione di NINJA GAIDEN Ragebounnd

Ninja Gaiden Ragebound Recensione: Dai creatori di Blasphemous

Ninja Gaiden: Ragebound non è solo un ritorno in grande stile, è un salto nel futuro per una delle saghe più iconiche del videogioco d’azione. A firmarlo è lo stesso team dietro Blasphemous, e questa eredità si sente tutta: precisione nei controlli, amore per la pixel art, narrativa densa e oscura. Ma qui siamo in territorio Ninja Gaiden, e le regole del gioco cambiano. La sfida è feroce, l’azione costante, il ritmo serrato. Il risultato è un ibrido perfettamente bilanciato tra tradizione e innovazione, un titolo che onora il passato mentre ridefinisce gli standard del presente.

La storia non punta su complessità narrative, ma sorprende per la maturità dei suoi temi. Ryu Hayabusa è assente, e a raccoglierne l’eredità è Kenji Mozu, giovane ninja che si ritrova nel mezzo di un’apocalisse demoniaca. È un racconto di crescita, conflitto interiore e alleanze inaspettate, che si arricchisce con l’introduzione di Kumori, assassina agile e spietata, il cui punto di vista alternativo aggiunge spessore e ritmo. Il gioco non spreca parole: ogni dialogo è mirato, ogni interazione serve a costruire tensione o rivelare un frammento di mondo. E riesce, sorprendentemente, a emozionare.

Il gameplay è il cuore pulsante di Ragebound. Il sistema di doppio personaggio – Kenji e Kumori – non è un semplice orpello narrativo, ma un meccanismo centrale che obbliga il giocatore a pensare, a cambiare stile, a improvvisare. Kenji è l’equilibrio: potente, resistente, affidabile. Kumori è velocità pura, un’ombra letale che colpisce e scompare. Passare da uno all’altro in tempo reale è cruciale, e diventa naturale quanto respirare. La Fusione Ninja aggiunge ulteriore strategia: un potere raro, che fonde le loro abilità per pochi secondi e può ribaltare le sorti di uno scontro. Usarlo nel momento sbagliato può essere fatale, e la tensione che ne deriva è palpabile.

Il combattimento è brutale e gratificante. Ogni colpo ha peso. Ogni nemico, per quanto minore, rappresenta una minaccia. Non c’è spazio per l’improvvisazione disordinata: qui si sopravvive con i riflessi, l’attenzione e la conoscenza dei pattern. I boss, poi, sono autentici spettacoli: creature mostruose con attacchi unici, fasi multiple e una messa in scena che lascia a bocca aperta. Il sistema di progressione è essenziale ma solido: abilità da sbloccare, potenziamenti, risorse limitate da spendere con intelligenza. Niente build infinite o grinding fine a sé stesso: ogni scelta ha un peso.

Tecnicamente, il gioco è un piccolo capolavoro. La pixel art è ricca, animata con precisione chirurgica, piena di dettagli che raccontano silenziosamente il mondo. Gli ambienti sono cupi, opprimenti, ma mai anonimi: rovine, templi, foreste corrotte e grotte infernali si alternano con ritmo e coerenza. L’illuminazione dinamica crea profondità, mentre i contrasti cromatici danno vita a uno stile visivo memorabile. Il sonoro è altrettanto curato: la colonna sonora fonde strumenti tradizionali giapponesi con elettronica cupa, creando un tappeto sonoro che amplifica ogni emozione. Gli effetti audio sono secchi, precisi, e restituiscono tutta la fisicità degli scontri.

Non mancano però alcuni inciampi. Le sezioni platform con visuale ristretta o scorrimento automatico possono diventare frustranti, specialmente quando la precisione viene meno a causa della confusione visiva. A metà gioco, la varietà degli ambienti subisce un lieve calo, e il riuso di alcuni nemici comincia a farsi notare. Anche i checkpoint, pur in linea con la filosofia hardcore del gioco, a volte costringono a backtracking eccessivo che spezza il ritmo.

Ma questi difetti non intaccano il valore complessivo dell’opera. Ninja Gaiden: Ragebound è un gioco che sa esattamente cosa vuole essere. Parla a un pubblico preciso: quello che ama la sfida, l’intensità, l’azione raffinata. È un gioco fatto con amore, ma anche con una visione chiara. Non si limita a omaggiare il passato: lo raccoglie, lo rielabora e lo rilancia. Un titolo che ha il coraggio di reinventare una leggenda, e che merita di essere ricordato come il punto di svolta per una saga che sembrava destinata all’oblio.