L’ultimo dei Draghi Oscuri ha voltato le spalle al mondo dopo aver perso i suoi simili nella guerra contro gli Dei. In preda alla rabbia e alla follia, Guernian ha aperto una spaccatura da cui fuoriescono mostri deformi, energie corrotte e un’oscurità che minaccia di divorare tutto ciò che resta dell’umanità.
Il tuo compito? Diventare l’Ammazzadraghi definitivo. Non per gloria, ma per disperazione.
Dragon Is Dead Recensione
La narrativa è densa, cupa, intrisa di un’atmosfera decadente e tragica. La civiltà è ridotta in frammenti, i superstiti vivono tra rovine e incubi, e ogni passo che fai è un confronto con le cicatrici lasciate dal potere oscuro di Guernian. Non c’è salvezza senza violenza. Ogni area del gioco riflette questa corruzione draconica, con biomi distorti, nemici che sembrano figli di una mente delirante e ambientazioni che sembrano respirare odio. La worldbuilding è costruita con cura, senza cutscene invasive: tutto si scopre giocando, esplorando, sopravvivendo.
Il cuore dell’esperienza è il sistema di combattimento, un’evoluzione dei canoni soulslike con una forte componente roguelite. Ogni scontro è una danza mortale: analizzare i pattern, reagire al momento giusto, scegliere tra rischio e cautela. Gli errori si pagano. Le vittorie si conquistano. I nemici non sono semplici ostacoli, ma creature pensanti, crudeli, variabili. Ogni boss è una sfida meccanica e psicologica, spesso più di una volta ti costringerà a modificare l’approccio e persino il tuo intero equipaggiamento.
A rendere tutto ancora più profondo ci sono le abilità personalizzabili: ogni personaggio ha uno stile unico e può accedere a un ventaglio di poteri che cambia radicalmente l’esperienza. Alcune build privilegiano la velocità, altre il controllo dello spazio, altre ancora il puro impatto brutale. Le rune in lingua di drago, ottenute durante l’esplorazione o dai nemici sconfitti, modificano radicalmente le abilità, aggiungendo effetti secondari, sinergie e potenziamenti.
A differenza di molti giochi simili, la morte non è una punizione assoluta, ma una fase dell’apprendimento. Quando muori, non perdi tutto: l’equipaggiamento raccolto, le rune ottenute e gran parte del tuo progresso vengono mantenuti. Il loop di gioco si basa sul potenziamento continuo e sul perfezionamento delle sinergie. Gli artefatti che raccogli durante ogni run attivano bonus diversi a seconda della combinazione, creando interazioni tra abilità, armi e rune che cambiano radicalmente la tua efficacia.
È qui che emerge la componente strategica più profonda: conoscere il tuo stile, adattarti al nemico, scegliere quali artefatti attivare, quando rischiare e quando conservare. La progressione non è solo numerica, ma concettuale: impari a giocare meglio, a costruire meglio, a decidere meglio. Guernian non è solo un nemico: è una presenza costante, un’entità che si fa sentire in ogni scelta. Ogni mostro ucciso è una prova del suo potere, ogni passo avanti è una dichiarazione di sfida. La narrazione è ambientale, criptica ma potente, e guida il giocatore attraverso una crescita non solo tecnica ma emotiva. Il tuo personaggio non è un eroe, ma un’ultima possibilità.
L’umanità non si aggrappa più alla luce, ma alla vendetta. E sta a te decidere se sacrificare tutto per vincere o soccombere come tutti gli altri. Questo gioco non è per tutti. È spietato, esigente, stratificato. Ma per chi cerca un’epica oscura fatta di scelte, crescita, sangue e strategia, è un’esperienza che lascia il segno. Con un combat system ispirato, una struttura roguelite premiante, e un mondo narrativo che si esplora tra le lacrime e i cadaveri, il titolo riesce a essere più di un gioco: è una prova personale, un’ossessione, una battaglia continua tra corruzione e volontà.