Recensione e Gameplay per Finding Frankie

Finding Frankie Recensione: Trip allucinato tra parkour e orrore psicologico

Finding Frankie è uno di quei giochi che non ti aspetti. Parte con un’apparenza quasi innocente, quasi giocosa, ma nel giro di pochi minuti riesce a ribaltare completamente il tavolo, portandoti in una spirale ansiogena fatta di salti millimetrici, inquietudini latenti e una continua sensazione di pericolo imminente. Il mix tra horror psicologico e parkour in prima persona potrebbe sembrare bizzarro ma funziona. E sorprendentemente bene.

Finding Frankie Recensione

Nei panni di un concorrente di un game show surreale, ti ritrovi in un ambiente che a prima vista sembra uscito da un cartone animato psichedelico. Colori saturi, architetture impossibili, percorsi sospesi nel nulla. Ma sotto quella patina sgargiante si nasconde qualcosa di profondamente sbagliato. C’è una tensione che cresce silenziosa, alimentata da un design sonoro disturbante e da un worldbuilding che non dà mai risposte dirette ma solo indizi e inquietudini.

Il gameplay ruota attorno a un sistema di movimento fluido e reattivo. Ogni salto, ogni slancio sulle pareti, ogni acrobazia con la fune richiede tempismo e precisione. Non è solo questione di arrivare da un punto A a un punto B, è sopravvivere, tenendo i nervi saldi mentre qualcosa o qualcuno ti osserva. L’ansia si insinua mentre il livello si deforma, mentre i suoni diventano più pressanti, mentre lo spazio stesso sembra vivere e reagire alla tua presenza.

Al tuo fianco c’è Deputy Duck, un compagno robotico tanto strano quanto utile. Fa da supporto tecnico ma anche da presenza rassicurante, un elemento quasi comico che riesce a sdrammatizzare nei momenti più tesi. La sua funzione narrativa è sottile ma efficace, aggiunge umanità artificiale in un contesto altrimenti asfissiante.

Sul piano visivo il gioco colpisce con una direzione artistica audace. Il contrasto tra ambienti vividi e zone oscure, l’uso sapiente di luci e ombre, e una colonna sonora minimale ma ossessiva contribuiscono a creare un’atmosfera da incubo lucido. Ogni elemento estetico sembra voler disorientare, spingere al limite, confondere.

La narrazione ambientale è frammentaria ma efficace. Non viene mai spiegato tutto e questo invoglia all’esplorazione, alla deduzione, al sospetto. Le scelte influenzano lo sviluppo della storia e portano a finali multipli, aumentando la rigiocabilità e il senso di immersione personale.

Finding Frankie non è per tutti. È un’esperienza sperimentale, adrenalinica, psicologicamente scomoda. Ma per chi ama i giochi che sconfinano, che mettono a disagio e che sanno sorprendere anche solo con un dettaglio visivo o un suono fuori posto, è un titolo da provare assolutamente.