Recensione: Alone In The Dark

Mai sentito parlare della sindrome di Wind Waker? E’ quel punto in cui un gioco maestoso, per ragioni ignote, porta coloro con un minimo di buon senso ad odiare a tal punto la maniera in cui la meccanica di gioco diviene ripetitiva che desidera immediatamente lanciare la propria console fuori dalla finestra, scrivere una lettera ai creatori di cotanto delirio e poi trascorrere il resto del pomeriggio depressi in un angolo della nostra camera in silenzio, senza riuscire a porre termine al senso di frustrazione.

Ebbene, c’è qualcosa di ciò in Alone in the Dark. Ed è un peccato, perché per le prime otto ore o più, il restyling di questo classico Survival Horror di Atari appare come uno dei più ambiziosi, eccitanti e coinvolgenti giochi che abbiamo visto da molto tempo. Certo, dove ci sono grandi idee originali ed interessati, ci sono anche alcuni difetti ma è difficile rimanere delusi da un gioco che, di minuto in minuto, riesce a gestire con successo un’esperienza di gioco veramente unica, e momenti davvero emozionanti. Data la mole di informazioni che Atari ha sottoposto agli utenti di Internet negli ultimi mesi, probabilmente avrete già  familiarità  con l’elemento caratterizza Alone in the Dark: il fuoco. Essi si accende, brucia, uccide i nemici e tanto altro, ma qui sta il punto: esso risulta abbastanza secondario nel grande schema delle cose.

Nel suo cuore infatti, Alone in the Dark è ancora saldamente ancorato alle sue radici di Survival Horror. Guideremo il protagonista della serie Edward Carnaby giù per bui e tetri corridoi, fiaccola in mano; spareremo a cose con una quantità  pressoché infinita di munizioni, e risolveremo saltuariamente puzzle.

Per la maggior parte, in cui Alone in the Dark brilla si tratta degli aspetti caratteristici della serie. Tuttavia per tutte le sue innovazioni, il gioco lotta ancora per superare gli altri giochi dello stesso genere. Anche se la possibilità  di svolgere la maggior parte del gioco in prima persona è una prospettiva gradita, il vostro punto di vista limitato e la lenta velocità  nel voltarsi rende abbastanza ridondante per qualsiasi cosa eccetto per le sparatorie. In generale, preferirete selezionare la visuale in terza persona, in parte per godere appieno dell’approccio cinematografico che lo sviluppatore ha voluto dare a questo mondo virtuale e in parte per analizzare le zone senza emettere il minimo rumore. Purtroppo, Carnaby si muove e si gira con tale lentezza e ritmo blando che già  risulterà  non particolarmente adeguata per l’esplorazione di base, ma che soprattutto si rivelerà  decisamente frustrante nelle sequenze in cui i combattimenti richiederanno precisione e tempismo.

Detto questo, è qualcosa che durante il gioco impararete a sopportare, e ci saranno molte altre cose da fare che vi faranno togliere l’attenzione da questo aspetto negativo. Ci sono infatti così tante idee brillanti all’interno di Alone in the Dark che è difficile decidere da dove cominciare. Tuttavia, forse il suo aspetto più significativo è la sua perdurante capacità  di sorprendere con la varietà , puzzle molto impegnativi e soddisfacenti e combattimenti molto intensi.

Certo, la qualità  varia con la stessa frequenza dell’azione, ma le sezioni meno ispirate scorrono via così velocemente che le dimenticherete rapidamente. Evitando specifici dettagli, Alone in the Dark divide il suo tempo equamente tra un numero piuttosto limitato di meccaniche di gioco, tutte sapientemente mixate con il giusto ritmo al fine di evitare accuse di inutile ripetitività .

Principalmente vi capiterà  di arrampicarvi, guidare, combattere e risolvere puzzle.In linea di principio, arrampicate e puzzle offrono un rinfrescante cambiamento di ritmo per l’azione a piedi che permea il resto del gioco.

Tuttavia, e questo è particolarmente vero per le sezioni di guida, che soffrono di veicoli troppo scivolosi e imprevedibili per risultare soddisfacenti, per non parlare poi della spaventosa saturazione che felicemente vi consentirà  di passare sui massi, ma di frenare ad ogni ostacolo; risultano essere sezioni che vi chiederanno di imparare la strada che vi consentirà  di procedere piuttosto che dover contare sulla vostra abilità  di guida. Per quanto ci riguarda i puzzle dovrebbero essere brevi, spettacolari e indimenticabili, non ripetitivi e frustranti. Le sezioni a piedi di Alone in the Dark sono molto, molto meglio.

E’ qui che alcuni dei più intriganti concetti di gioco giungono e risultano spesso molto divertenti. Ad esempio, il vostro arsenale di attrezzature, a partire dai nastri adesivi per aerosol, è brillantemente realizzato. Certo, capiterà  solo di tanto in tanto cercare di gestire l’inventario manipolando il nostro spazio limitato per garantirci di avere sempre ciò di cui abbiamo bisogno per affrontare l’ostacolo successivo, ma unire gli oggetti per scoprire nuovi e inattesi potenziamenti è sempre profondamente gratificante. I sacchetti di sangue possono essere bucati con i coltelli e utilizzati come esche per i mostri, i coltelli possono essere utilizzati per rimuovere i tappi dei serbatoi delle autovetture, questi tappi possono essere colpiti con colpi di pistola per causare enormi esplosioni, i proiettili possono essere miscelato con la benzina per provocare fiammate mortali, le latte di benzina possono essere combinate con nastri adesivi e incollate ai malandrini pronte per essere detonate da un proiettile e così via.

Poi c’è la selezione delle armi temporanee, che troverete disseminate liberamente lungo il mondo di gioco. Qualsiasi forma esse abbiano, dagli estintori, alle spranghe, ai bidoni, sono generalmente classificate per peso e infiammabilità . Gli oggetti pesanti vi rallenteranno ma rinforzeranno i vostri pugni, che vi permetteranno di sbarazzarvi dei nemici o di elementi ambientali come le porte d’ acciaio, mentre gli oggetti leggeri non ridurranno la vostra manovrabilità , ma non vi saranno molto utili nei combattimenti. L’infiammabilità , invece, si applica agli oggetti che esplodono a contatto con il fuoco o con i proiettili o ad oggetti di legno che possono essere branditi e bruciati.

Gli oggetti disponibili per l’uso non sono molti ad onor del vero, ma questo significa che il vostro inventario sarà  più ordinato e gestibile, inoltre troverete quasi sempre una soluzione ad un problema se userete la testa. Il mantra di base di Alone in the Dark è il realismo nel modo in cui potrete interagire con il vostro mondo – gli oggetti si comportano esattamente come ci si aspetta e per loro, è probabile, la logica soluzione è la soluzione giusta, o almeno uno delle molte possibili soluzioni. Avete bisogno di superare sezione particolarmente buia? Date fuoco a una sedia, incendiate una latta di benzina e così via, per procedere. Sono molte le soluzioni disponibili e, nonostante la sorprendente linearità  della maggior parte dei livelli, raramente vi sentirete costretti dal mondo di gioco.

Il risultato è veramente eccellente e pensiamo che sia uno dei migliori mondi virtuali sviluppati nelle ultime produzioni. Se dobbiamo muovere una critica al sistema di inventario degli oggetti in Alone in the Dark, è la relativa mancanza di slot e la scarsità  degli oggetti stessi, in particolare, del petrolio e dello spray di pronto soccorso.

Ci siamo spesso trovati a trascorrere ore tra le zone alla ricerca di armadi di medicinali e simili e, combinato con il sistema alquanto illogico dei checkpoint, ci siamo trovati intrappolati appena prima di una lotta particolarmente brutale, senza altra scelta che andare avanti, impreparati come eravamo. A dire il vero, tutti gli ostacoli sono superabili con la perseveranza, ma non potrete non sentire una piccola punta di risentimento verso lo sviluppatore quando vi troverete la strada bloccata dalla stessa battaglia mortale per la ventesima volta di seguito.

Detto questo, un altro aspetto di Alone in the Dark è il suo sistema di combattimento a mani nude. Usando la levetta analogica destra, potrete agitare l’oggetto a sinistra, a destra, in alto o in basso.

Ingegnosamente, spostando bruscamente da una direzione all’altra la velocità  del colpo di Carnby, con movimenti più rapidi che avranno un impatto maggiore e provocheranno maggiori danni. Anche nei momenti più frustranti, c’è ancora qualcosa di incredibilmente viscerale e gratificante in questo set-up. In parte è la maggiore enfasi sulla tempistica, alzando radicalmente la tensione quando vi troverete immobili ad aspettare il momento perfetto per colpire un vostro nemico.

Tuttavia, è anche il semplice fatto che la cosa si sente più tattile, offrendo un maggiore collegamento con il mondo intorno a voi. In verità , l’AI dei nemici è disperatamente imperfetta, con avversari talvolta fin troppo aggressivi e altre volte in immobile attesa del loro crudele destino. Risulta comunque un aspetto negativo offuscato dalle tante sorprese positive che ci regala il gioco, quali ad esempio l’abilità  di guardare con prospettiva in prima persona che sarà  veramente utile nel proseguio del gioco. Dopo questa positiva introduzione delle tante note positive del gioco, la nostra analisi finale del gioco dovrebbe essere entusiastica. Ma poi accade. Circa dopo otto ore di gioco, tutti i concetti brillantemente accattivanti e spettacolari, vengono rovesciati in un solo terribile momento. Improvvisamente vi troverete invischiati in una delle più noiose, mal realizzate missioni che avete mai avuto la sfortuna di sopportare. Vi avvertiamo che nel prossimo paragrafo troverete delle anticipazioni sul gioco, ma ci sono necessarie per darvi motivo del nostro giudizio sul gioco, quindi saltatele a vostro pericolo.

Improvvisamente, senza preavviso, una serie di dati vi informeranno attraverso il vostro PDA che dovrete aumentare uno finora riservata capacità  psichica nel vostro arsenale che prende il nome di Spectral Vision. Questo vi obbligherà  a guidare dentro alla vasta, senza vita e labirintica distesa di alberi maledetti di Central Park. E’ un inaspettata divagazione che minerà  pesantemente tutto ciò di buono detto finora su questo titolo. Dopo una mezza dozzina di battaglie incredibilmente impegnative potrete proseguire. Purtroppo, vi verrà  poi quindi chiesto di liberarvi la strada attraverso un campo di forza che blocca il percorso davanti a voi.

Un rapido sguardo alla vostra mappa e Central Park è ora letteralmente brulicante di funivie che legano gli alberi tra loro. Con ogni espulsione, la vostra Spectral Vision aumenterà  di una manciata di punti e il campo di forza si ridurrà  di un piccolo quantitativo. Dovrete continuare così fino a raggiungere il livello 70 nella scala della vostra Spectral Vision. Per raggiungere questo livello dovrete guidare, tornare indietro numerose volte, cercare oggetti, individuare kit di primo soccorso e combattere per ore…
Seguite ora un nostro consiglio, perché il gioco non ve ne darà : iniziate a prendere tali ceppi d’albero non appena ne avrete la possibilità , dopo di che raggiungete Central Park, e l’intero processo dovrebbe essere marginalmente più tollerabile, anche se lungi dal poter risultare perdonabile.

Commento finale

E’ veramente un peccato, perché, a parte questo ultimo particolare aspetto della storia, Alone in the Dark meritava di essere catalogato come un gioco molto ben realizzato. Certo, la sua trama è estremamente contorta, a volte frustrante e priva di aspetti veramente ispirati che ci aspettiamo dai grandi titoli di ultima generazione.

Tuttavia, è anche senza dubbio uno dei più fantasiosi, ambiziosi e stimolanti titoli apparsi su di una console negli ultimi anni. àˆ spesso sorprendente nel suo approccio all’azione. Fino a quel punto, siamo stati più che felici di offrire la nostra raccomandazione a chiunque apprezzi l’innovazione di gioco che presenta numerosi aspetti positivi a fronte dei pochi negativi.

In realtà , questo è ancora più o meno vero, anche se la raccomandazione è più difficile da giustificare. In ultima analisi, nel 2008, la cosa più terrificante in un titolo horror d’azione non dovrebbe essere il trovarsi davanti alla fine del gioco ad un nemico inaspettato: la frustrazione. Purtroppo, con Alone in the Dark ciò accade.

Recensione di Andrea “Otakudam”